Otoemissioni acustiche

Otoemissioni acustiche

Le "otoemissioni acustiche", o "echi cocleari", sono suoni generati dalle cellule ciliate esterne di una coclea sana (parte anatomica dell’orecchio interno) e possono essere presenti sia spontaneamente (otoemissioni acustiche spontanee: SOAE) che seguire ad una stimolazione acustica esterna (otoemissioni acustiche evocate: EOAE).

Per la loro registrazione si utilizzano delle apparecchiature sofisticate che sfruttano il fatto che l'orecchio interno (coclea), in conseguenza dell'impatto con un suono, oltre a trasmettere al cervello impulsi elettrici, genera a sua volta segnali acustici (otoemissioni) che possono essere registrati per evidenziare un'eventuale sordità.
Questi suoni sono caratterizzati da un’intensità particolarmente bassa e richiedono pertanto una strumentazione particolare per la loro evidenziazione.

Le otoemissioni si rilevano e si misurano posizionando nel condotto uditivo esterno del paziente una "sonda" contenente al suo interno una fonte sonora, che produce lo stimolo acustico, e un microfono, che registra la risposta.
La sonda si inserisce facilmente anche nel più piccolo canale uditivo e il tappino in silicone è monouso, per garantire igiene e comfort.

L’esame è veloce (circa dieci secondi), non invasivo, indolore, attendibile ed effettuabile anche su neonati di pochi giorni di vita.
La presenza delle otoemissioni acustiche testimonia lo stato di buona funzionalità dell'apparato uditivo e sono pertanto utilizzate come "test di screening" neonatale nella diagnosi di sordità percettiva, legata cioè all’orecchio interno, al nervo acustico e alle vie acustiche centrali (strutture nervose che collegano l'orecchio al cervello).

Va quindi inteso come un esame in grado di identificare, in una popolazione ritenuta sana, un deficit non evidente che possa causare un futuro handicap. Le otoemissioni acustiche rappresentano, in sintesi, un esame prezioso in grado di offrire ai bambini sordi alla nascita maggiori possibilità di recupero.

Intervenire precocemente sui neonati (entro i primi quattro mesi di vita) che presentano un problema di udito, con opportune e adeguate procedure sia protesiche che riabilitative, permetterà al bambino di acquisire la “capacità di linguaggio” e di evitare che il sordo diventi anche muto o che comunque il piccolo paziente vada incontro a gravissimi disturbi nello sviluppo del linguaggio, nella capacità di comunicazione, di apprendendimento e di socializzazione.